Il suo MessaggioIl valore essenziale dell'imperfezione
 
In un mondo ossessionato dall'eccellenza e dal controllo di se stessi e di chi ci circonda, Jean Vanier dimostra il valore essenziale dell'imperfezione. 
L'accettazione dell'imperfezione come facente parte integrante della nostra condizione umana, ci libera del gravoso fardello di doverci confrontare con la normalità e di mostrarci all'altezza di ciò che è definito all'unanimità come "buono".
Queste imperfezioni giocano un ruolo importante nella diversità umana. Non devono scoraggiare i nostri sforzi di crescita e di cambiamento, in particolare quando mirano a sostenere meglio gli altri
Con ogni individuo affetto o meno da una disabilità, questo ideale si incarna nelle comunità de L'Arca e di Fede e Luce in tutto il mondo.
 
Secondo Jean Vanier la debolezza è un dono e un'opportunità, una forza che porta le persone a dare il meglio di sé.
Dobbiamo imparare a convivere con questa imperfezione nostra e di chiunque altro e superare la paura e la vergogna che troppo spesso l'accompagnano.

 

La differenza fra assistere e occuparsi dell'altro
 
Avendo difeso per tutta la sua vita le persone con disabilità, Jean Vanier distingue l'assistenza dal legame con l'altro nelle nostre relazioni. 
Jean Vanier ha vissuto e lavorato per la maggior parte della sua vita con le persone con handicap a prescindere dal loro vivere in una comunità de L'Arca e di Fede e Luce. Egli riassume la sua esperienza in un insegnamento molto semplice: in una relazione fondata solo sull'assistenza si verificano pochi cambiamenti dal punto di vista sociale e personale.
Invece è necessario che le persone che entrano in relazione, anche professionale, si mettano sullo stesso piano senza creare dei legami di dipendenza.
Nel nostro sistema sanitario moderno le cure sono prestate in maniera talmente accurata che ci dimentichiamo di creare un legame con la persona che viene "curata", invece è necessario lasciare agli assistenti e ai professionisti sanitari il tempo di creare un legame con la persona che assistono.
Se vogliamo che le cure e il sostegno apportati abbiano degli effetti duraturi, dobbiamo creare le condizioni affinchè le persone curate possano essere reciprocamente capaci di creare legami e di portare guarigione. 
L'impegno concreto di Jean Vanier dimostra nella sua semplicità l'elemento trasformatore dell'amore, della vulnerabilità, del perdono e della presenza del'altro per le persone specializzate nella cura della salute. Il benessere e lo sviluppo delle persone con handicap accolte nelle comunità di Jean Vanier dimostrano la potenza di questo punto di vista secondo il quale l'amore e l'apprezzamento delle differenze sono un trampolino a partire dal quale possiamo progredire nella conoscenza della nostra umanità e di quella dell'altro.

 

Vincere la discriminazione e l'esclusione

Per Jean Vanier, l'immaginazione è "la chiave" che permette di vincere la discriminazione e l'esclusione.

Avendo trascorso la maggior parte della sua vita in compagnia di persone comunemente considerate come fisicamente e psicologicamente inferiori, Jean Vanier rifiuta decisamente questa etichetta che gli è stata incollata e sottolinea al contrario la ricchezza inestimabile degli insegnamenti appresi dai suoi amici.

Egli ritiene che, in generale, si erigono istintivamente barriere protettive tra noi e coloro che giudichiamo diversi, soprattutto se questa diversità è svalorizzata o stigmatizzata. Anche se questo atteggiamento è comprensibile, ha come effetto indesiderato quello di precluderci tutte le possibilità di entrare in contatto con la diversità e di uscirne "diversi", trasformati oltre la nostra immaginazione.

Jean Vanier racconta numerosi aneddoti in cui ha provato un malessere di fronte alla diversità rappresentata da un handicap, per apprendere in seguito ad essere semplicemente "con l'altro", imparare a riconoscere l'arricchimento e l'apertura che hanno avuto luogo nel profondo della sua immaginazione e si sono espresse, proprio grazie a questa differenza.


Concedere dei diritti non è sufficiente

Concedere dei diritti non è sufficiente: non si può legiferare sulla compassione. 
Nell'euforia dell'onda della de-istituzionalizzazione e della normalizzazione di queste persone, Jean Vanier è stato una dei pochi a sottolineare che il semplice trasferimento delle istituzioni verso le non-istituzioni sarà un fallimento a meno che non si trasformi la percezione di queste persone nel cuore e nello spirito della gente. 
Cinquant'anni più tardi, abbiamo vissuto numerosi cambiamenti nel campo della disabilità. Ma, malgrado la chiusura delle istituzioni e gli sviluppi legislativi, l'opinione pubblica presenta una profonda ambivalenza, in particolare verso la disabilità psichica. 
Grazie alla sua esperienza di vita nelle comunità de L'Arca e di Fede e Luce che ha fondato e nelle quali vive da oltre cinquanta anni, Jean Vanier ha potuto constatare personalmente l'ostracismo e la sofferenza che subiscono ogni giorno le persone colpite da un handicap. Anche se delle leggi difendono i loro diritti ormai da molti anni in Canada, negli Stati Uniti e in Europa occidentale, le liste di attesa per essere accolte in queste comunità o in strutture simili restano lunghe, e questo ci suggerisce che sempre difficile per una persona con disabilità vivere in modo autonomo nella nostra società.


Un prisma di compassione
 

I giovani che hanno passato qualche anno in una delle numerose comunità de L'Arca o di Fede e Luce fondate da Jean Vanier sottolineano quasi tutti la trasformazione radicale della loro visione del mondo in seguito a questa esperienza. 
Queste comunità agiscono come un prisma su chi ci vive e ci lavora: come la luce che si riflette nel prisma e si trasforma attraversandolo, i giovani raccontano come il loro spirito si apre e la loro immaginazione si risveglia ad una nuova visione della differenza, dell'handicap e della nostra condizione umana di esseri imperfetti e vulnerabili. Si apprende non soltanto a tollerare ma ad apprezzare la diversità, ad essere presenti ai bisogni dell'altro in uno spirito di rispetto e di interdipendenza, e a perdonare.

 

 
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Le comunità dell'Arca in Italia ()